Congetture o Complotti: pericolo reale o immaginario

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di Francesco Calì

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Occuparsi di leggende metropolitane o di teorie del complotto può essere stimolante, irritante ed anche allarmante. Sicuramente questi atteggiamenti sociali patologici non debbono essere presi sottogamba, è semplicistico liquidarli con una risata ed è opportuno etichettarli per quello che sono: pericolosi campanelli d’allarme.

Le teorie della cospirazione spopolano in rete, ma non solo, e ormai sempre più spesso trovano eco anche al di fuori di essa. Il primo sbarco sulla Luna: mai avvenuto; anzi la Luna non è neppure un satellite della Terra ma una gigantesca astronave messa li per controllarci. I cerchi nel grano: sono opera degli alieni; gli avvistamenti UFO sono un classico sempreverde. L’attentato dell’11 settembre alle torri gemelle: tutto un complotto organizzato da gruppi di potere non meglio identificati, si va dalla CIA, all’esercito degli Stati Uniti al Nuovo Ordine Mondiale. Le aziende farmaceutiche hanno da tempo trovato la cura contro il cancro ma non la mettono in commercio per interessi economici, io poi non capisco bene quali possano essere questi interessi visto che avrebbe maggiori introiti a vendere una cura e non a tenere i farmaci in laboratori segreti, insabbiando qualsiasi notizia. Naturalmente non dimentichiamo le scie chimiche: strumento di avvelenamento occulto della popolazione e veicolo di modificazioni estreme del clima mondiale.

Non voglio naturalmente passare sotto silenzio Il Nuovo Ordine Mondiale e l’illimitato potere delle Banche che ci affamano con il signoraggio costringendo gli Stati ad un debito fasullo. Ma ciò che qui mi interessa mettere in evidenza non sono tanto le singole teorie del complotto, sulle quali sono state scritte migliaia di pagine, vere o costruite ad arte, per diffondere le bufale, ma il meccanismo psicologico su cui si basa la diffusione di queste notizie.

Il veicolo privilegiato di diffusione è la rete: facebook, twitter, instagram, youtube, ed altri (ammetto la mia ignoranza in materia), consentono lo scorrere incontrollato di miliardi di byte d’informazioni. Ed ecco saltare subito fuori il primo problema: informazioni incontrollate.

E non mi si venga a dire che la pluralità di voci garantisce la veridicità delle informazioni, al massimo è garante di una illusoria libertà d’espressione. E vi garantisco che il problema non è poi così banale come taluni vorrebbero far credere, basti considerare che nel 2013 il World Economic Forum ha inserito la diffusione di informazioni fasulle tra le più serie minacce per la società. Ma naturalmente anche loro fanno parte del complotto e non vanno ascoltati.

Diceva William Gibson:

«Le teorie del complotto sono popolari perché, non importa di cosa trattino, sono tutte realtà confortevoli, perché sono tutte modelli di semplicità totale. Penso che facciano leva sul nostro lato infantile che vuole sempre sapere cosa sta accadendo». E dunque affermare che «tutto è finto» è molto più rassicurante, definitivo e comodo del sapere che qualcosa «può non andare come crediamo».

A questo punto forse è meglio definire le caratteristiche del complottista tipo. Ma prima di far questo desidero farvi leggere (scusate la lunghezza della citazione ma alla fine della lettera risulterà chiaro il suo contributo) cosa scriveva negli anni ’60 Karl Popper, considerato uno dei padri della Teoria Sociale del novecento. Nel suo saggio «La società aperta e i suoi nemici» costruisce una teoria della società che esplicita il salto dal singolo evento alla sua causa ultima, evidenziando come sia praticamente impossibile che esista un elemento super-partes (naturalmente occulto) in grado di controllare intenzionalmente tutti i livelli delle istituzioni sociali. Naturalmente all’epoca di Popper non esisteva internet ma le sue parole sono di una attualità sconcertante.

Teoria sociale della cospirazione

[…] la struttura del nostro ambiente sociale è, in un certo senso, fatta dall’uomo; che le sue istituzioni e tradizioni non sono il lavoro né di Dio né della natura, ma i risultati di azioni e decisioni umane, ed alterabili da azioni e decisioni umane. Ma ciò non significa che esse siano tutte coscientemente progettate e spiegabili in termini di bisogni, speranze e moventi. Al contrario, anche quelle che sorgono come risultato di azioni umane coscienti ed intenzionali sono, di regola, i sottoprodotti indiretti, inintenzionali e spesso non voluti di tali azioni.

«Soltanto un piccolo numero di istituzioni sociali sono coscientemente progettate, mentre la stragrande maggioranza di esse è semplicemente «cresciuta», come risultato imprevisto di azioni umane», […] anche in questo caso a causa delle inintenzionali ripercussioni sociali risultanti dalla loro creazione intenzionale. Infatti, la loro creazione non influenza soltanto molte altre istituzioni sociali, ma anche la «natura umana»: speranze, paure e ambizioni, dapprima di coloro che sono più immediatamente coinvolti e poi spesso di tutti i membri della società.

[…] Al fine di chiarire […] illustrerò brevemente […] «la teoria cospitatoria della società». Essa consiste nella convinzione che la spiegazione di un fenomeno sociale consista nella scoperta degli uomini o dei gruppi che sono interessati al verificarsi di un tale fenomeno (talvolta si tratta di un interesse nascosto che deve essere prima rivelato) e che hanno progettato e congiurato per promuoverlo.

Questa […] deriva, naturalmente, dall’erronea teoria che, qualunque cosa avvenga nella società – specialmente avvenimenti come la guerra, la disoccupazione, la povertà, le carestie, che la gente di solito detesta – è il risultato di diretti interventi di alcuni individui e gruppi potenti. […] La credenza negli dei omerici le cui cospirazioni spiegano la storia della guerra di Troia è morta. Gli dei sono stati abbandonati. Ma il loro posto è occupato da uomini o gruppi potenti – sinistri gruppi di pressione la cui perversità è responsabile di tutti i mali di cui soffriamo – come i famosi saggi di Sion, o i monopolisti, o i capitalisti, o gli imperialisti.

Io non intendo affermare, con questo, che cospirazioni non avvengano mai. Al contrario, esse sono tipici fenomeni sociali. Esse diventano importanti, per esempio, tutte le volte che pervengono al potere persone che credono nella teoria della cospirazione. E persone che credono sinceramente di sapere come si realizza il cielo in terra sono facili quant’altre mai ad adottare la teoria della cospirazione e a impegnarsi in una contro-cospirazione contro inesistenti cospiratori.

[…] Cospirazioni avvengono, bisogna ammetterlo. Ma il fatto notevole che, nonostante la loro presenza, smentisce la teoria della cospirazione, è che poche di queste cospirazioni alla fine hanno successo. I cospiratori raramente riescono ad attuare la loro cospirazione. Perché accade questo? Perché le realizzazioni differiscono così profondamente dalle aspirazioni? Perché ciò è quanto normalmente avviene nella vita sociale, ci siano o non ci siano cospirazioni. La vita sociale non è solo una prova di forza fra gruppi in competizione, ma è anche azione entro una più o meno elastica o fragile struttura di istituzioni e tradizioni, azione che provoca – a parte qualsiasi contro-azione consapevole – molte reazioni impreviste, e alcune di esse forse anche imprevedibili, in seno a questa struttura.

[…] Una delle più elementari azioni economiche può servire da esempio al fine di rendere chiarissima l’idea delle conseguenze inintenzionali delle nostre azioni.

Se una persona desidera comprare urgentemente una casa in un certo quartiere, possiamo sicuramente supporre che non intende elevare il prezzo di mercato delle case di quel quartiere. Ma il fatto stesso ch’egli si presenta sul mercato come acquirente, tenderà a far aumentare i prezzi. Rilievi analoghi valgono per chi intende vendere. Si consideri anche un esempio in un campo assai diverso: se uno decide di fare un’assicurazione sulla vita, è improbabile che abbia intenzione di incoraggiare altri ad investire denaro in azioni assicurative. E ciononostante sarà così.

Noi vediamo già chiaramente che non tutte le conseguenze delle nostre azioni sono conseguenze intenzionali: e quindi che la teoria cospiratori della società non può essere vera perché equivale all’asserzione che tutti i risultati, anche quelli che a prima vista non sembrano premeditati da alcuno, sono i risultati intenzionali delle azioni di persone che sono interessati a tali risultati […].

Parole quasi profetiche che stigmatizzano come la teoria del complotto sia sempre esistita, e difatti nessuno nega che i complotti esistano, anzi i complotti hanno scritto alcune tra le più cruente pagine di storia. Diciamo soltanto che prima di accusare qualcuno sono necessarie prove, ma prove certe e non fumose teorie senza costrutto.

Scrive Francesco Suman su Micromega: «Le teorie del complotto hanno così successo perché partono da fatti molto vicini alla vita quotidiana dei più e in pochi passaggi logici (o meno) giungono a individuare la causa ultima responsabile di quegli eventi; nel fare ciò, delineano una visione del mondo, che spesso identifica un nemico contro cui schierarsi. Strumenti psicologici basilari ed efficacissimi per innescare meccanismi di identificazione e consenso, purtroppo all’opera anche in sistemi di reclutamento che costituiscono minacce ben più tangibili delle scie chimiche (si pensi al ruolo della rete nel reclutamento dei foreign fighters…»

Lo studio di Walter Quattrociocchi del Computahional Social Science di Lucca afferma che noi in realtà viviamo nell’era della disinformazione, e che quello che viene definito il «pregiudizio di conferma» è tra i criteri decisionali fondamentali alla base dei processi di costruzione della propria visione sociale. In un contesto di flusso massivo di informazioni non filtrate, si tende a privilegiare (e a riconoscersi in) informazioni che confermano ciò che già si pensa. Questo pregiudizio di conferma tende a costruire le cosiddette camere di risonanza, e chi entra in queste camere lo fa perché sente che le proprie precostituite convinzioni hanno finalmente voce.

Secondo una visione largamente condivisa il complottista tipo è un paranoico!

Vediamo innanzitutto la definizione di paranoico secondo il dizionario medico Utet:

paranoia Sintomo psichiatrico caratterizzato dallo sviluppo di un delirio cronico (di grandezza, di persecuzione, di gelosia, ecc.), coerente, sistematizzato, dotato di una propria logica interna, non associato ad allucinazioni, e senza deterioramento delle funzioni psichiche al di fuori dell’attività delirante…Poiché il delirio paranoide è solitamente comprensibile e lucido, e con un’emotività congrua con l’ideazione, la paranoia può essere considerata, secondo una nota formula sia come «il volto normale della follia» sia come «il volto folle della normalità». Lo psichiatra tedesco Emil Kraepelin…ne intuì inoltre uno sviluppo secondo due direzioni che spesso si combinano tra loro: da un lato il delirio di pregiudizio, con le tematiche persecutorie, di gelosia e ipocondriache, e dall’altro lato il delirio di grandezza, con le tematiche grandiose (rivendicative, genealogiche, innovative, mistiche)…La psicoanalisi ha prodotto anche fecondi studi sulla personalità paranoide; in particolare ne evidenzia alcuni tratti narcisistici come l’alto concetto di sé e della giustizia, una certa idealità grandiosa, la persistenza di personali idee dominanti tese a una ricerca sfrenata di evidenze.

Non credo si possa semplificare la discussione definendo paranoici tutti i complottisti, alcuni lo saranno di sicuro, ma è certamente più corretto distinguere tra il complottista sincero (paranoico o no) e il complottista «professionista». E si! Perché il complottista «sincero» normalmente non esprime pensieri paranoici personali ma aderisce a gruppi guidati da paranoici «professionisti», in sostanza affida la sua mente e i suoi pensieri ad un «guru». E il mondo di internet è pieno di «guru» che si arricchiscono speculando sulla credulità e sulle paure altrui. Il vero complottista crede ciecamente a quanto afferma, e se qualche «profezia» non si dovesse avverare fa semplicemente finta di nulla e prosegue serenamente la sua vita.

La persona paranoica non è ne ingenua ne stupida.

Come scriveva Umberto Eco nel «Il pendolo di Foucault»:

«Il matto lo riconosci subito. E’ uno stupido che non conosce i trucchi. Lo stupido la sua tesi cerca di dimostrarla, ha la sua logica sbilenca ma ce l’ha. Il matto invece non si preoccupa di avere logica, procede per cortocircuiti. Tutto per lui dimostra tutto. Il matto ha un’idea fissa, e tutto quel che trova gli va bene per confermarla. Il matto lo riconosci dalle libertà che si prende nei confronti del dovere di prova, dalla disponibilità a trovare illuminazioni».

Il complottista non può essere convinto dell’errore delle sue teorie in una normale discussione con degli esperti, perché naturalmente ai suoi occhi anche questi fanno parte del complotto e lo prendono in giro; ma come sempre il dialogo è l’unica strada perseguibile, creare il muro contro muro tra chi predica una teoria complottistica e chi la demonizza non può portare a nulla di buono, e il fenomeno sta assumendo caratteri di diffusione talmente importanti da divenire estremamente preoccupante.

Un’ultima battuta riguarda la demonizzazione di internet, non credo sia il caso di dare in toto la colpa alla rete come veicolo di diffusione di false informazioni, siamo sempre noi i responsabili della mancata verifica delle stesse, se accettiamo supinamente tutto ciò che circola in rete come oro colato meritiamo di essere presi in giro e trattati come pedine di un gioco più grande di noi. La demonizzazione di internet non risolverà il problema, è come lamentarsi dell’inquinamento mentre siamo in macchina in coda per andare a fare gli acquisti di natale.

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One Thought to “Congetture o Complotti: pericolo reale o immaginario”

  1. Stai blaterando in generale o ti riferisci a qualcosa in particolare? Comunque la tua disamina di complotti e complottisti mi vede parzialmente d’accordo e sarei quasi tentato di andarmi a studiare tutte le tue dotte citazioni per poter apprezzare in pieno ciò che hai scritto,o,eventualmente confutare. ciao

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